Nanni Moretti ha condiviso la sua esperienza al Teatro Petruzzelli di Bari il 10 aprile 2025, nell’ambito della sezione dedicata agli incontri di cinema del Bif&st. Dopo la proiezione del suo film “Ecce Bombo” del 1978, il regista ha scelto di non affrontare temi di attualità o questioni politiche, preferendo concentrarsi sulla sua carriera attraverso un racconto in dieci capitoli. In un teatro gremito, Moretti ha esordito con un’affermazione chiara: “Voglio raccontare in dieci voci la mia storia di regista, partendo da ciò che ero all’inizio fino a ciò che sono diventato”. Al termine dell’incontro, ha ricevuto il premio ‘Bif&st arte del cinema‘ dal direttore Oscar Iarussi.
Durante la sua presentazione, Moretti ha rievocato i suoi esordi, citando l’uso del Super 8 come strumento di espressione. “Oggi è più semplice fare cinema, con il Super 8 giravi senza negativi, era come una Polaroid. Mostrare ciò che realizzavi era complicato”, ha spiegato. Ha ricordato un episodio del 1973, quando partecipò alle Giornate degli Autori a Venezia, portando con sé cortometraggi. “Dopo la proiezione, mi sono reso disponibile per eventuali domande, ma non si presentò nessuno. Quel momento ha ispirato la famosa frase di ‘Io sono un autarchico’: ‘No il dibattito no'”. Moretti ha rivelato che tre elementi erano fondamentali per lui all’epoca: parlare del suo ambiente, prenderlo in giro, e non limitarsi a stare dietro la cinepresa, ma anche apparire davanti, non solo come attore, ma come persona.
Nel corso del suo intervento, Moretti ha approfondito il suo approccio alla regia, sottolineando l’importanza della visione da spettatore. “Il mio lavoro come spettatore ha avuto un grande impatto su di me, ho sempre voluto realizzare film che mi piacesse vedere”, ha affermato. Ha citato i Taviani e la loro tecnica di ripresa fissa, ma ha anche espresso la sua ammirazione per il regista Carmelo Bene, che rappresenta un approccio diverso. “All’inizio scrivevo da solo e mi veniva naturale, ma ora preferisco collaborare”, ha continuato Moretti. “Ho scoperto quanto sia arricchente scrivere un film con altri sceneggiatori. Da ‘La stanza del figlio’ in poi, ho iniziato a lavorare in team“.
Il regista romano ha voluto chiarire un aspetto importante: spesso il pubblico tende a confondere le opinioni dei suoi personaggi con i suoi pensieri personali. “Per esempio, quando in ‘Caro diario’ dico ‘Io sono il più grande’, sto semplicemente citando Muhammad Ali“, ha spiegato. Questa distinzione è cruciale per comprendere la sua opera e il suo approccio alla narrazione cinematografica. Moretti ha quindi offerto uno sguardo approfondito sulla sua carriera, evidenziando come ogni capitolo della sua vita professionale sia stato influenzato dalla sua crescita come artista e dalla sua interazione con il pubblico e i colleghi.
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