Nel 1847, il compositore genovese Michele Novaro si trovava a Torino, dove ricopriva il ruolo di direttore dei cori al Teatro Carignano. In quel periodo, ricevette una poesia scritta dal giovane Goffredo Mameli, intitolata “Fratelli d’Italia”. L’entusiasmo di Novaro fu immediato e, secondo le cronache dell’epoca, compose rapidamente una melodia per accompagnare il testo patriottico. Da questo incontro artistico nacque “Il Canto degli Italiani”, che in breve tempo si affermò come l’inno risorgimentale più popolare, in un’epoca caratterizzata dalla proliferazione di canti patriottici in lingua italiana e nei vari dialetti.
Genova e la nascita di un simbolo nazionale
Genova, dunque, si erge a capitale di questo inno, frutto della collaborazione tra due giovani artisti che dedicarono le loro vite alla causa dell’indipendenza italiana. Goffredo Mameli, infatti, perse la vita combattendo per la Repubblica romana, mentre Michele Novaro continuò a impegnarsi come compositore e organizzatore di eventi a sostegno della causa patriottica. La popolarità de “Il Canto degli Italiani” crebbe così tanto che, nel 1862, Giuseppe Verdi, incaricato di scrivere un inno per l’Esposizione Universale di Londra, decise di includere nella sua composizione tre inni nazionali: “God save the Queen” per omaggiare il paese ospitante, “La Marsigliese” come simbolo dei principi egualitari e, infine, “Il Canto degli Italiani” per rappresentare l’Italia. Tuttavia, all’epoca, l’opera di Mameli e Novaro non era ancora ufficialmente riconosciuta come inno nazionale.
Il riconoscimento ufficiale e le recenti normative
Solo dopo la proclamazione della Repubblica, avvenuta nel 1946, e grazie alla legge del 4 dicembre 2017 n. 181, “Il Canto degli Italiani” ottenne uno status provvisorio di inno nazionale. Recentemente, è stata diffusa una bozza di decreto attuativo riguardante l’inno, che stabilisce le norme per la sua esecuzione in occasioni ufficiali. Questo documento menziona vagamente la presenza dell’originale del testo di Novaro in un “Museo di Genova”, specificando il Museo del Risorgimento di via Lomellini, noto anche come Casa di Mazzini. Tuttavia, la bozza presenta diversi errori interpretativi che si auspica possano essere corretti. Inoltre, non tiene conto delle indicazioni relative al testo e alla prassi musicale, come evidenziato dalla revisione critica condotta da studiosi come Maurizio Benedetti, che ha collaborato con il Conservatorio di Torino.
Benedetti ha sottolineato che è diventato consueto eseguire l’inno durante cerimonie militari accompagnando i movimenti in marcia del gruppo bandiera. Ha affermato che è fondamentale vietare esplicitamente tali pratiche per preservare le caratteristiche musicali del nostro inno, definendolo un “Canto” e non una semplice marcia. Questo richiamo alla corretta esecuzione dell’inno è cruciale per mantenere viva l’essenza del messaggio patriottico che “Il Canto degli Italiani” rappresenta.