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Adolescence: un’analisi approfondita oltre i temi giovanili e problematici

La serie televisiva inglese Adolescence ha conquistato il pubblico di Netflix, diventando un vero e proprio fenomeno culturale in grado di stimolare un intenso dibattito riguardo alla condizione degli adolescenti contemporanei. Con una narrazione frammentata e carica di emozioni, la serie si distingue come un’opera che va ben oltre la semplice rappresentazione di “giovani problematici”.

Riflessioni di Leonardo Mendolicchio

Il dottor Leonardo Mendolicchio, psichiatra e supervisore scientifico della serie Rai dedicata ai disturbi alimentari, Fame d’amore, ha recentemente condiviso le sue riflessioni con ANSA LIFESTYLE. Secondo Mendolicchio, Adolescence è rivelatrice di quanto poco il mondo degli adulti comprenda l’universo psichico delle nuove generazioni. Sottolinea che il linguaggio degli adolescenti è profondamente cambiato, influenzato dall’ambiente digitale in cui sono immersi fin dalla nascita. Oggi, la loro espressione emotiva non si limita più alla parola, ma si manifesta attraverso un codice visivo e performativo, caratterizzato da stories, meme, silenzi prolungati e emoji che condensano esperienze complesse.

Invisibilità del disagio adolescenziale

Un elemento comune alla miniserie Adolescence e a tragici eventi di cronaca avvenuti in Italia nell’ultimo anno è l’invisibilità del disagio adolescenziale agli occhi degli adulti. Tra questi eventi, spicca il suicidio del giovane studente universitario Andrea Prospero, avvenuto a Perugia, e l’omicidio familiare di Paderno Dugnano, dove un diciottenne ha assassinato i genitori e il fratellino di dieci anni ad agosto 2023. Questi episodi estremi, pur nella loro gravità, condividono un inquietante elemento comune: la difficoltà degli adulti nel riconoscere il dolore e il disagio dei giovani.

Il linguaggio del disagio

Andrea Prospero, poco più che maggiorenne, ha messo fine alla sua vita dopo aver ricevuto istruzioni da un apparente “amico” online. Questo gesto tragico, apparentemente senza preavviso, era in realtà il risultato di un disagio che si manifestava in un linguaggio che nessuno era in grado di decifrare. Nelle scuole, in famiglia e nei servizi educativi, si continua a utilizzare un linguaggio lineare e logocentrico, basato sulla razionalità degli adulti. Tuttavia, i ragazzi di oggi si esprimono in modi che sfuggono a questa comprensione, attraverso gesti criptici e comportamenti eccentrici, dove la loro presenza e assenza sui social media comunicano più di mille parole.

Il massacro di Paderno Dugnano

A Paderno Dugnano, il massacro familiare compiuto dal giovane non può essere compreso solo attraverso le categorie penali o psicopatologiche. Il suo gesto rappresenta un’esplosione di emozioni che coinvolge il contesto simbolico in cui era immerso. La mancanza di comunicazione e simbolizzazione è ciò che colpisce maggiormente: l’adulto è assente o incapace di “intercettare” il dolore, rimanendo ancorato a un linguaggio che non riesce a scendere nel campo dell’ascolto autentico.

Una generazione sola in mezzo alla folla

Adolescence, così come i casi di Andrea e Paderno Dugnano, restituisce l’immagine di una generazione sola in mezzo alla folla, connessa ma non compresa, esposta ma non riconosciuta. Il loro dolore non si esprime più attraverso le vie tradizionali: non si racconta, si pubblica. Non si dichiara, ma si manifesta attraverso il corpo, il silenzio e l’acting-out. Questo non implica che non ci sia bisogno di cura o ascolto, ma che è necessario reinventare le modalità di incontro. Non bastano le parole, servono nuovi alfabeti.

La domanda di Mendolicchio

Mendolicchio pone una domanda cruciale: siamo disposti, come adulti, a disimparare il nostro modo di comprendere per imparare a leggere quello altrui? Oppure continueremo a interpretare i gesti giovanili con categorie ormai obsolete, finché il dolore non si trasforma in tragedia? In un’epoca di comunicazione totale, risulta sempre più difficile ascoltare davvero. Adolescence ci costringe a confrontarci con questa contraddizione, invitandoci a fare un passo indietro per tornare a guardare negli occhi chi, nel silenzio, ci sta chiedendo aiuto.

Amalia Sisto

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