La giornata del 19 marzo, dedicata a San Giuseppe e celebrata come la festa del papà, porta con sé un significato complesso per molti padri italiani. Da un lato, si festeggia il loro contributo all’interno della famiglia, dall’altro, le istituzioni e numerose aziende continuano a ostacolare una reale condivisione della genitorialità. Secondo recenti statistiche, solo l’11,10% dei padri si dichiara soddisfatto del proprio ruolo paterno, un dato che mette in luce come fattori lavorativi e culturali ostacolino un equilibrio tra vita professionale e famiglia.
Un’indagine condotta da Me First, organizzazione che ha coinvolto 373 padri lavoratori con un’età media di 40,81 anni, in collaborazione con LabCom, spin-off dell’Università di Firenze, ha rivelato che quasi il 66% dei partecipanti vive livelli medio-alti di esaurimento emotivo e burnout. Inoltre, oltre il 75% dei padri non si sente realizzato nella propria vita professionale. Le difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia emergono come una delle principali cause di questo malessere, accentuata dalla limitatezza del congedo di paternità obbligatorio in Italia, fissato a soli 10 giorni per i lavoratori dipendenti. Questa misura, considerata simbolica, non permette ai padri di immergersi completamente nel loro ruolo.
Se la genitorialità fosse realmente equa, sarebbero necessari strumenti adeguati per garantire ai padri il tempo e il riconoscimento che meritano. Tuttavia, i dati dell’Osservatorio sulla Genitorialità in Azienda rivelano che solo il 20% dei padri sfrutta appieno il congedo di paternità, spesso per timore di ripercussioni sul posto di lavoro. Di conseguenza, la maggior parte delle responsabilità legate alla cura dei figli ricade sulle madri, relegando i padri a ruoli marginali. Cristina Di Loreto, psicoterapeuta e fondatrice di Me First, sottolinea che “il problema non è solo la difficoltà di trovare un equilibrio tra lavoro e famiglia, ma il fatto che non viene riconosciuto il diritto dei padri di essere presenti quanto le madri.”
Nonostante il desiderio di maggiore coinvolgimento, le aziende sembrano non essere pronte a offrire il supporto necessario. L’81,7% dei padri partecipanti allo studio ha espresso il bisogno di misure di sostegno per bilanciare lavoro e famiglia, ma solo il 31,1% ha effettivamente ricevuto aiuto. Secondo il Ministero del Lavoro, solamente il 28% delle aziende italiane ha adottato politiche concrete per favorire un’equa distribuzione delle responsabilità genitoriali. Questa mancanza di sostegno ha un impatto diretto sul benessere dei padri, con il 74% degli intervistati che riporta elevati livelli di distress genitoriale. Un’indagine dell’ADP Research Institute ha inoltre rivelato che il 43% dei genitori lavoratori sarebbe disposto a cambiare lavoro se costretti a tornare a una presenza full-time, percentuale che sale al 55% tra coloro che hanno figli di età inferiore a un anno.
Il 19 marzo rappresenta un’opportunità per riflettere sul significato del ruolo paterno nella società contemporanea. Un padre non dovrebbe essere costretto a scegliere tra carriera e famiglia. Per costruire un futuro più equo, è fondamentale che le aziende adottino politiche più inclusive, che il congedo di paternità venga esteso e che il ruolo dei padri nella crescita dei figli venga riconosciuto concretamente.
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