Quando la linea telefonica subisce un’interruzione, soprattutto se prolungata, causa diversi tipi di disagio, e le compagnie devono risarcire.
Oggi abbiamo tutti il cellulare ma in molte case e aziende è ancora presente il telefono “fisso”. Si tratta di un metodo di comunicazione ancora molto utile, che crea parecchi disagi quando risulta inutilizzabile. Pensiamo ad un anziano che rimane solo e non ha confidenza con la tecnologia dei cellulari, o un’azienda che non può ricevere le chiamate da fornitori o clienti, o ancora, quando a subire l’interruzione della linea sono un ufficio pubblico, un ospedale, una scuola o una banca.
Se il problema è da imputarsi alla compagnia telefonica, ad esempio per un guasto prolungato e una riparazione non annunciata o quando la linea viene interrotta arbitrariamente a causa di una presunta morosità, il cliente ha diritto a un risarcimento. Di recente la Cassazione ha emesso alcune frasi che ci fanno comprendere quando ciò può avvenire e quali invece sono i casi non contemplati. Andiamo dunque a scoprire quand’è che spetta un risarcimento in denaro e quando no.
Solitamente quando si firma un contratto con una compagnia telefonica, si accettano le condizioni d’uso ma sono presenti anche clausole a beneficio dei diritti del consumatore finale. Ad esempio, i gestori telefonici sono tenuti a erogare un rimborso commisurato al tempo in cui la linea non è stata fruibile. In questi casi quanto dovuto viene messo a credito nella bolletta successiva. In linea generale, il riconoscimento in euro può variare da un minimo di 5 euro a un massimo di 100 euro al giorno.
Oltre a questo, negli abbonamenti telefonici è spesso presente una clausola di “stampo penale” , in cui si regolano ancora di più i diritti del consumatore. Come specificato da una recente sentenza della Cassazione, il danno viene liquidato anticipatamente, ma solo se l’utente dimostra nei fatti di aver subito una perdita di denaro in seguito al guasto/interruzione della linea, che ovviamente non è dipeso da lui. Questo è molto più facile in caso di un’azienda, mentre invece il privato non può addurre come motivazione alla richiesta di risarcimento il mero “disagio psicologico” dovuto all’impossibilità di utilizzare il telefono.
Infatti sempre la Cassazione ha stabilito che usare la linea telefonica come forma di comunicazione non è un elemento “fondamentale per la sopravvivenza”, anche se si tenta di obiettare nel caso di un’emergenza sanitaria, e dunque la compagnia telefonica non ha l’obbligo di risarcire l’utente, sebbene questi abbia subito ampi disagi nel non poter utilizzare l’apparecchio telefonico.
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